Product naming

la sfida di scegliere un nome che ci rappresenti

Come ti chiami?!? È la prima domanda che si fanno persino i bambini quando si incontrano.  Così come per le persone, anche per un prodotto il nome è ciò che lo identifica davanti agli altri, è il biglietto da visita con cui presentarsi. E sceglierne uno non è mai facile!   

UN TORTUOSO PERCORSO FRA REGOLE E PASSIONE

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Avete presente quelle infinite battaglie intorno al tavolo della cucina, corredate da sondaggi fra parenti e amici, ricerche su internet e mirabolanti statistiche? Proprio come accade per i figli, quando si crea un’azienda o un prodotto arriva il cruciale momento della scelta del nome e nel naming di prodotto le “regole” e le linee guida sono le più svariate: “Siate descrittivi; mantenetelo breve e incisivo; rendetelo facile da dire; rendetelo piacevole da ascoltare; usate parole vere; inventate parole; “verbificate” il nome; cercate nomi specifici; siate simbolici; etc”

Abbiamo analizzato tutte queste regole, abbiamo scartabellato decine e decine di nomi, ci siamo confrontati ed abbiamo riflettuto, ma alla fine, anche in questo aspetto, ciò che tornava costantemente nei nostri ragionamenti era una radicatissima identità territoriale. Ed è questo ciò che ha prevalso. Le nostre birre son legata alla nostra storia..e la nostra storia è fatta anche dalle sue grandi donne.

IRIS, GIULITTA E CATHARINA

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Le nostre prime tre birre hanno infatti il nome di tre donne protagoniste di questo territorio: IRIS, il cui nome è un omaggio alla scrittrice Iris Origo, autrice di “guerra in Val d’Orcia”, e da molti considerata una delle "madri" del paesaggio della Val d'Orcia; Giulitta legato alla Patrona di San Quirico d’Orcia, madre dello stesso santo a cui il paese è intitolato; e infine CATHARINA che prende il nome da Caterina da Siena, la Santa che ha vissuto fra Siena e la Val d’Orcia nel XIV secolo. 

IRIS E LA VAL D’ORCIA: UNA STORIA D’AMORE E DEDIZIONE

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Soprattutto la IRIS è un omaggio ad una donna che ha avuto con questo territorio un legame più forte delle sue stesse radici. 

«Fu in un tempestoso pomeriggio d'ottobre del 1923, quarantasette anni fa ???? scriveva Iris nell'autobiografia Immagini e Ombre, nel 1970 ???? che vedemmo per la prima volta la Val d'Orcia e quella che sarebbe diventata la nostra casa. [...]. Sapevamo bene che cosa andavamo cercando: un luogo che esigesse abbastanza lavoro da riempirci la vita, ma anche, speravamo, un luogo di una certa bellezza».

La Marchesa Origo, signora di grande sensibilità e duttilità, illustre biografa, scrittrice, storica erudita, organizzatrice di imprese educative e sociali, fu senza dubbio una delle figure più interessanti del panorama culturale italiano ed europeo del '900.

Iris Margater Cutting, figlia unica, divide la sua infanzia fra la casa dei nonni americani a New York e quella dei nonni anglo-irlandesi in Gran Bretagna e trascorre la sua giovinezza nella villa materna, Villa Medici a Fiesole, una delle più spettacolari ville fiorentine. 

Brillante scrittrice e studiosa di storia italiana sposa nel 1924 un italiano, il marchese Antonio Origo e insieme si trasferiscono nella loro nuova tenuta La Foce, presso Chianciano Terme, che all’epoca è un luogo in stato di grande abbandono, persino privo di strada di accesso, ma che trasformeranno, attraverso una gran mole di duro lavoro, cura e passione, in una bellissima villa, una solida organizzazione agricola e un eccezionale giardino realizzato sotto la guida dell’architetto inglese Cecil Pinsent tra il 1925 e il 1939.

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Una volta stabilitisi in Val d'Orcia, gli Origo iniziarono a riportare quelle terre, appena acquistate, a nuova vita. In quindici anni di duro lavoro costruirono cinquanta fattorie, ognuna di 40 ettari, tutte raggruppate intorno alla fattoria centrale, in cui vivevano Iris e Antonio e dove venivano prese le decisioni sui tipi di raccolto e sulle tecniche di coltivazione per quelle terre così ostiche.

Con l'arrivo della seconda guerra mondiale molte cose cambiarono. Per gli Origo iniziò un periodo intenso. Nel gennaio del '43, in seguito all'evacuazione di diversi bambini da alcune città italiane, come Genova e Torino, per sottrarli ai bombardamenti, gli Origo ne accolsero più di venti nella loro casa a La Foce. Alcuni di loro erano orfani; altri erano stati mandati dai genitori in quella Val d'Orcia che evidentemente era sembrato loro un luogo sicuro. Uno degli edifici della scuola fu trasformato per ospitarli. «Abbiamo potuto restituire ai loro genitori, sani e salvi, tutti i bambini sfollati che ci sono stati affidati», scriveva Iris in Guerra in Val d'Orcia. Diario 1943-1944 (Editrice Le Balze, Montepulciano – Siena). 

Come scrive Patrizia Mari in La forza tranquilla. Racconti e immagini di Chianciano Terme attraverso le sue donne, «Ma il lavoro fatto da Iris e Antonio Origo, negli anni Venti e Trenta non sarà mai più dimenticato, come non sarà mai dimenticato il loro amore infinito per questi luoghi e queste genti che l'hanno amata..

E noi la ricordiamo ogni giorno.